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Pur essendo una terapia che nasce nella famiglia cognitivo comportamentale, l'ACT condivide con la Psicoanalisi molti aspetti rilevanti. Ciò consente agli psicoanalisti e agli psicoterapeuti di orientamento psicodinamico di riconoscere nell'ACT molti aspetti tipici del loro approccio, ma determina anche alcune difficoltà nel riconoscere alcune differenze sostanziali.
In questo articolo proverò a esporre i punti di contatto e le differenze.
La psicoanalisi ha dominato la scena della psicoterapia per decenni, fino a rendere i termini psicoanalisi e psicoterapia praticamente sinonimi. Gli scritti di Sigmund Freud hanno influenzato profondamente la cultura occidentale fino a diventarne parte indissolubile. Il linguaggio comune ha assorbito termini come "inconscio", "lapsus", "proiezione", "transfert", "conflitto" e nessuno si sorprende a sentir parlare di significati dei sogni, significati nascosti, o desideri inconsci.
Sigmund Freud non ha solo inventato un approccio psicoterapeutico, ha definitivamente svelato che noi umani mentiamo a noi stessi e facciamo cose che poco hanno a che fare con ciò che crediamo di fare.
Insieme al tema culturalmente fondante dell'inconscio come "non coscienza di sé", Freud ha introdotto anche il tema dell'inconscio come "processo primario", cioè una modalità di funzionamento mentale "onirica", "simbolica", molto diversa dal ragionamento logico, realistico, consequenziale sul quale facciamo abitualmente affidamento.
Di questa seconda traccia hanno fatto grande utilizzo tutte le arti: pittura, scultura, cinema, teatro, letteratura hanno incorporato indelebilmente il sogno e il simbolismo in tutte le loro espressioni più sofisticate.
Dal punto di vista della psicoterapia psicoanalitica rileviamo che le due componenti, l'inconscio come non coscienza di sé e l'inconscio come processo primario, si sono così indissolubilmente legate da essere spesso inglobate in un unico concetto di Inconscio con la "I" maiuscola, il luogo per eccellenza dove avviene tutto ciò che ha rilevanza nella genesi e nella soluzione del disagio mentale. L'inconscio crea la malattia e la cura consiste nel suo disvelamento.
Tuttavia, dobbiamo rilevare che nonostante il tentativo di Freud di tenere distinti i due piani della sua scoperta (inconscio come non coscienza, e inconscio come processo primario), la loro mescolanza in un unico indistinto concetto di inconscio appare come un tratto comune della psicoanalisi intesa come pratica psicoterapeutica.
Nell'inconscio quotidiano della pratica psicoanalitica si mescolano liberamente desideri, meccanismi di difesa, attività simbolica, e l'impegno a curare il disagio rendendo cosciente ciò che è nascosto.
L'importanza sempre crescente della mindfulness e delle terapie cognitivo comportamentali di terza generazione, e l'attenzione che viene ad esse riservata da parte degli psicoanalisti, rende necessario chiarire quale significato abbiano le due scoperte di Freud nella loro concettualizzazione.
Ebbene, diciamo subito che per le terapie basate sulla mindfulness hanno rilevanza sia l'inconscio come "non coscienza di sé", sia l'attività simbolica. Tuttavia sono due piani decisamente distinti.
Ciò che può trarre in inganno gli psicoanalisti che vogliano accostarsi alla mindfulness e alle terapie basate sulla mindfulness è la circostanza che, come la psicoanalisi, anche le terapie basate sulla mindfulness mirano a una maggiore consapevolezza, ma i processi di consapevolezza non si identificano nel disvelamento dei significati nascosti dell'Inconscio.
Allo stesso modo, anche le terapie basate sulla mindfulness sono interessate ai processi simbolici, ma senza identificarli con l'Inconscio. Per l'ACT in particolare, i processi simbolici sono fenomeni ubiquitari della mente legati ai meccanismi semantici fondamentali, alla stessa esistenza del linguaggio, alla stessa esistenza di Homo Sapiens.
Dunque, per l'ACT il lavoro sulla consapevolezza non riguarda il disvelamento dei significati simbolici, ma la percezione diretta di stati mentali (pensieri, emozioni, sensazioni). La consapevolezza promossa dalla mindfulness non è la consapevolezza dei significati nascosti, ma una consapevolezza diretta, percettiva della propria esperienza.
D'altra parte, il riconoscimento dei significati "simbolici" esaminati dalla Relational Frame Theory non riguarda necessariamente i processi inconsci, ma il funzionamento mentale nel suo complesso. Da questo punto di vista, la concezione dei processi simbolici dell'ACT assomiglia più alla concezione dell'inconscio di Jacques Lacan che a quella di Freud.
Dal punto di vista dell'ACT è naturalmente è possibile che una maggiore consapevolezza della nostra esperienza ci aiuti anche a disvelare significati nascosti dei nostri meccanismi semantici. Ma non si tratta di estrarre qualcosa dall'inconscio, quanto piuttosto di distinguere, discriminare sempre meglio tra mondo simbolico (detto dei relational frames) e mondo percettivo.
L'idea psicoanalitica dei meccanismi di difesa è molto vicina al concetto di evitamento esperenziale e di modalità narrativa dell'ACT.
Per evitamento esperenziale si intende una posizione rigida di rifiuto di contenuti esperenziali (pensieri, emozioni, sensazioni). L'evitamento esperenziale è considerato nell'ACT la causa principale del del disagio psicologico.
Per modalità narrativa si intende la tendenza a creare una narrazione di se stessi coerente con l'evitamento esperenziale.
Il lavoro terapeutico del'ACT tende a ridimensionare l'inflessibilità rigida dell'evitamento esperenziale, sostituendolo con un atteggiamento più aperto e curioso nei confronti della propria esperienza. A questo scopo il terapeuta mette in evidenza lo scopo insito nella narrazione di giustificare l'evitamento esperenziale inteso come rifiuto e la lotta contro se stessi. Alla narrazione, il terapeuta contrappone l'esperienza diretta, nel presente, dei propri pensieri, emozioni e sensazioni, rinunciando a pretendere di cambiarli, modificarli, giudicarli.
Il terapeuta ACT per definizione considera se stesso parte dei processi tipicamente umani di creazione di relational frames (in termini psicoanalitici di simbolizzazione, proiezione, identificazione e identificazione proiettiva).
Dunque, come nella psicoanalisi, il terapeuta mette in luce elementi di relazione in cui si rinvengano tracce di precedenti esperienze. Allo stesso modo, dà per scontato che nella sua stessa esperienza di terapeuta emergano elementi di relazione con il paziente che riproduce esperienze pregresse. Tuttavia, lo scopo della terapia non è la loro interpretazione o il loro disvelamento, ma l'utilizzazione di questi richiami per accedere direttamente alle esperienze emotive correlate.
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